Della libertà e poco oltre la galera
In questi giorni circola sui social network un video a mio parere molto interessante, racconta la storia di un dializzato in carcere e che deve sottoporsi al trattamento di emodialisi. Per farla breve, il video è intitolato “The captured prisoner (true story)” ed è tratto da una storia vera, scritta da un uomo che lavorava come sorvegliante in un carcere. L’uomo racconta che nella prigione c’era un paziente con una malattia ai reni e per questo necessitava di uscire tre volte alla settimana per sottoporsi alla dialisi.
Il video è stato prodotto dalla fondazione Dutch Kidney Foundation, un’associazione che si occupa di migliorare le condizioni delle persone con problemi ai reni raccogliendo fondi per loro. Nel video si legge: True story: this prisoner walks out of jail without getting into trouble. Maggiori informazioni poi si trovano sul sito della campagna a questo indirizzo www.helpthemescape.org Questa particolare campagna si intende sponsorizzare il progetto per lo sviluppo di un “rene portatile” per la dialisi domiciliare.
Sono trapiantato da 18 anni ormai, ho fatto 3 anni di emodialisi. In casa ho una persona che anch’essa tuttora, si sottopone ormai da 10 anni ad emodialisi. Penso di sapere di cosa si sta parlando in quel video. Si parla di Libertà, ma non di una qualsiasi libertà che possiamo immaginare. Essere in uno stato geografico in cui la libertà è ormai un bene comune, dove ci possiamo fondamentalmente permettere di fare ciò che vogliamo, è impensabile pensare a qualche tipo di imprigionamento, di “libertà vigilata”. A meno di non commettere qualche reato.
Le persone che hanno una malattia nefropatica (ma non solo…) vivono la loro vita in una costante prigione, fatta di un legaccio a doppia mandata e piantato attraverso due aghi in un braccio, o a un tubicino nel ventre. Persone come noi, sono sottoposte per alcune ore del giorno ad un continuo trattamento di depurazione del sangue. Senza una macchina “salva vita”, moriremmo certamente. Una sorta di prigione fisica e a volte anche mentale. La limitazione alla propria libertà di azione è molto marcata. Molti dializzati non vedono questo tipo di limitazione per un semplice motivo: non vogliono vedere il tratto marcato dalla malattia. Non si considerano tali, per loro è solo un “passatempo” o una commissione da fare come un’altra. Con lo svantaggio però che è inderogabile, imprescindibile. Un’appuntamento con la vita o con la morte se decidessimo mai che la dialisi è un orpello inutile e fatto solo per farci soffrire.
Della libertà e poco oltre la galera – La libertà per me, da trapiantato, è sapere che grazie ad un rene donato da uno sconosciuto (in un gesto d’amore insperato da parte di una famiglia colpita da un grave lutto), sono lontano anni luce dalla gogna imposta dai maledetti aghi e dalla macchina. Qualche volta mi vengono a trovare ancora in sogno. Ma la realtà è questa: le persone con una malattia renale che devono sottoporsi alla dialisi, sono intrappolati in una vita piena di restrizioni. Le malattie ai reni privano della libertà molto più che una prigione. Questa metafora del carcere racconta la storia del fortissimo impatto che le malattie renali hanno sulle vite dei pazienti, cosa vuol dire dover sopportare la dialisi a volte senza la speranza di un futuro trapianto, che gli possa migliorare sostanzialmente la qualità di vita e di libertà nel poter muoversi, avere una vita più attiva e di poter lavorare in totale libertà.
Davvero possiamo dire che la dialisi non è come stare in galera? Davvero non vogliamo ammettere che la malattia ci ha privato della libertà fondamentale di poter pensare che non abbiamo limiti alle nostre azioni, alle nostre ispirazioni e aspirazioni. Della libertà e poco oltre la galera ci si può metter a discutere per giorni interi, l’importante è non darsi da soli dei giudizi o peggio ancora, condanne o assoluzioni, senza una giusta giuria che ci dica cosa ci sta succedendo e che ci faccia capire che il nostro corpo ha semplicemente deciso che i limiti sono altri. Oltrepassati questi limiti tutto diventa incerto.
Della libertà e poco oltre la galera – di Mirko Dalle Mulle