La salute del donatore da vivente, priorità imprenscindibile
È quanto dimostrano i risultati di uno studio prospettico pubblicato sull’American Journal of Kidney Diseases.
“Abbiamo sempre pensato che la donazione di rene da vivente fosse una procedura sicura per il donatore, e in effetti lo è, ma le precauzioni non son mai troppe”, spiega il ricercatore Bertram Kasiske, dell’Hennepin County Medical Center di Minneapolis, Minnesota. “Non ci sono studi a lungo termine che abbiano sinora dimostrato con certezza la totale sicurezza per il donatore”.
Questo è l’unico studio prospettico sulla salute dei donatori viventi di rene attualmente in corso negli Stati Uniti che valuta la sicurezza della procedura nel lungo periodo.
Lo studio è giunto alla sua sesta edizione e ha esaminato, in particolare, la storia medica, i segni vitali, la funzione renale e i valori di laboratorio di coloro che hanno donato un rene in vita.
L’aspetto più interessante finora osservato è che la funzione renale, misurata dalla variazione della velocità di filtrazione glomerulare da 6 a 36 mesi dopo la donazione, è aumentata di 1,09 ml/min/1,73m2 ogni anno in 198 donatori osservati, mentre i valori pressori sono rimasti stabili entro il range di normalità.
“A tre anni dalla donazione il rene superstite è perfettamente in grado di compensare la perdita di funzione dovuta alla nefrectomia dell’organo controlaterale e sarà molto interessante vedere se questi aumenti di funzionalità renale continueranno nel tempo”, conferma Kasiske.
Tuttavia, sono state osservate alcune differenze nel confronto tra donatori viventi e popolazione generale. Nei donatori i livelli di ormone paratiroideo, di acido urico, di omocisteina e di potassio risultavano superiori rispetto ai gruppi di controllo, mentre i livelli di emoglobina erano più bassi.
Queste anomalie potrebbero predisporre, nel tempo, a un più alto rischio di fratture o a problemi ossei, mentre elevati livelli di acido urico coinciderebbero con l’ aumento d’incidenza di gotta riscontrato in alcuni donatori di rene.
“Niente di tutto ciò costituisce un ostacolo alla donazione, ma dobbiamo capirne di più“, ribadisce Kasiske. “Intraprendere questi studi è un mandato etico e morale al fine d’informare correttamente i donatori nel caso dovessero emergere fattori che possono influire sulla loro salute, anche se si tratta di aspetti clinicamente minori”.
Ci sono più di 123.000 persone in attesa di trapianto negli Stati Uniti. Di questi, più di 101.000 attendono il trapianto di rene. Il tempo di attesa medio per un primo trapianto di rene è di 3,6 anni e può variare a seconda delle condizioni di salute, dell’HLA e della disponibilità di organi.
Nel 2014 sono stati effettuati 17.105 trapianti di rene, dei quali 11.570 da donatori deceduti e 5.535 da donatori viventi.
“Lo studio in corso è molto importante per individuare eventuali rischi legati alla procedura da vivente, ma dobbiamo fare ancora di più, con studi più ampi e a più lungo termine per rispondere efficacemente a tutti gli interrogativi”, ha concluso Tom Manley, Direttore delle attività scientifiche della National Kidney Foundation.
“Sarà prossimamente istituito un registro nazionale di donatori viventi per valutare il rischio di morte, d’insufficienza renale e di predisposizione a fattori di comorbilità nel corso della vita”.
È la giusta risposta di attenzione verso coloro che hanno donato parte di se stessi per aiutare gli altri.
Bibliografia. Kasiske BL, Anderson-Haag T, Israni AK, Weir MR, et al. A Prospective Controlled Study of Living Kidney Donors: three-year follow-up. Am J Kidney Dis. 2015 Jul; 66 (1): 114-24.
Link originale La salute del donatore da vivente, priorità imprenscindibile , dal sito Trapianti.net “Trapianti in Rete”