Malattie renali: ne soffrono 5 milioni in Italia
Gli italiani che soffrono di insufficienza renale cronica sono oltre 5 milioni. Di questi circa 50 mila sono già in dialisi. Tradotto in termini di qualità della vita significa che sono costretti a un pendolarismo quasi quotidiano – tre volte a settimana, per 4 ore e in orari prestabiliti – verso l’ospedale. Ciò comporta costi enormi di tempo e denaro, perché solo 240 fra i centri dialisi pubblici distribuiti sul territorio – ovvero 2 su 3 – offrono la Dialisi Peritoneale, cioè la possibilità per il paziente di effettuare il trattamento a casa, a volte anche di notte, lasciandolo libero durante la giornata. Siamo dunque in presenza di un servizio a “macchia di leopardo” che discrimina nell’opzione terapeutica e costringe a scegliere l’emodialisi presso la struttura ospedaliera, altrettanto efficace ma più limitante in termini di libertà gestionale e qualità di vita.
Fra i pazienti, circa 4.300, ovvero il 9,5%, riescono a godere della dialisi peritoneale domiciliare, una terapia autogestibile, semplice da utilizzare anche dai care-giver o familiari in caso di persone anziane. Eseguibile in qualsiasi momento della giornata con metodica manuale (3-4 scambi diurni) o addirittura per il 45% in maniera automatizzata, ossia notturna. La dialisi peritoneale domiciliare non obbliga a spostamenti dal proprio ambiente, consentendo di mantenere impegni lavorativi, relazioni sociali, di poter andare in vacanza e di ridurre l’impatto economico sia per il sistema sanitario sia per il paziente. Aspetti, tutti, da non sottovalutare se si considera che il fabbisogno di una terapia dialitica aumenta di circa 10 mila nuovi casi ogni anno. Eppure nel nostro Paese manca la cultura verso questa opportunità terapeutica sia fra i medici specialisti, che fra i medici di medicina generale, e fra i giovani nefrologi. Anche le istituzioni “latitano”. Solo pochissime regioni infatti, Piemonte, Sicilia, Campania e Puglia, stanno iniziando un’azione di sensibilizzazione e diffusione della metodica. Ma c’è ancora molto da fare per soddisfare il bisogno di questi pazienti il cui tasso cresce annualmente del 2-3% complice l’allungamento medio della vita e le patologie a ciò correlate. Di questo si è parlato nell’ambito del XVII Convegno nazionale del Gruppo di Studio di Dialisi Peritoneale che si è tenuto a Montecatini Terme.
“Si stima che in Italia circa 40 mila pazienti di età compresa tra i 35 e i 79 anni – dichiara Roberto Corciulo, presidente del convegno, coordinatore del comitato scientifico del Gruppo di studio Dialisi Peritoneale, e nefrologo presso il dipartimento di Nefrologia, Dialisi e Trapianto dell’Azienda Ospedaliero-Consorziale Policlinico, Università di Bari – abbiano una insufficienza renale di V stadio (Uremia terminale), quella che precede immediatamente la fase dialitica, con una leggera prevalenza del sesso maschile rispetto a quello femminile. Si tratta di pazienti candidati alla dialisi, che stanno registrando un incremento costante del 2-3% con circa 10 mila nuovi casi all’anno, sempre più numerosi fra la popolazione anziana e con una età media di ingresso in dialisi di circa 71 anni”. “La Malattia Renale Cronica – aggiunge Claudia Del Corso, presidente locale del convegno, responsabile Dialisi Peritoneale U.O. Nefrologia e Dialisi, Az. Usl3 di Pistoia – è un problema di salute pubblica che sta diventando sempre più rilevante visti i tassi di incremento costante del 2-3% registrati negli ultimi anni e pare destinati a raddoppiare nel prossimo decennio. Le persone colpite da queste malattie potrebbero sviluppare nel tempo un danno renale e progredire verso l’insufficienza renale cronica fino ad arrivare alla necessità di dover iniziare la dialisi. Tra le cause che fanno ammalare i reni, infatti, il diabete e l’ipertensione arteriosa sono le più frequenti, seguite poi dalle malattie propriamente renali conosciute come “nefriti” e dalle forme ereditarie; ma in oltre il 20% dei nefropatici la causa resta sconosciuta”.
Per allontanare il rischio dell’insufficienza renale è bene non sottovalutare alcuni segni premonitori. “La malattia renale è silenziosa, spesso si sviluppa senza sintomi e le persone colpite non ne sono consapevoli. Il primo sintomo da osservare – raccomanda la Dr.ssa Del Corso – è invece la comparsa di alterazioni delle caratteristiche delle nostre urine, talvolta con la presenza di tracce di sangue, anche se non sempre accompagnate da disturbi alla minzione. L’aumento dei valori della pressione arteriosa è un altro segnale importante e, talora, anche alcune modificazioni del nostro corpo come la comparsa di gonfiori a livello delle gambe e del volto associati all’aumento del peso. Questi segni possono sottintendere una anomalia della funzione renale; quindi il controllo della pressione arteriosa e l’esame delle urine sono i test preliminari fondamentali che possono rivelare la presenza di anomalie della funzione dei nostri reni”.
Le quattro regole d’oro per salvaguardare i reni
Dagli esperti, ecco le quattro regole d’oro per allontanare il rischio di malattia renale:
1. Alimentazione: privilegiare una dieta bilanciata e varia;
2. Sodio: impostare diete a basso-moderato contenuto di sale, ricordando che il sodio, oltre che sulla tavola, è presente in forma nascosta anche in moltissimi alimenti di consumo quotidiano e di produzione industriale;
3. Controlli di laboratorio: è consigliato sottoporsi con regolare periodicità ad esami di funzionalità renale e delle urine. In particolare richiedendo microproteinuria e creatina;
4. Controllo della pressione arteriosa: l’ipertensione è riconosciuta come uno fra i principali fattori che possono contribuire all’insufficienza renale cronica. È pertanto fondamentale misurare con regolarità la pressione.
(quotidianosanita.it)
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