Temo che dal 22 febbraio 2020, le mie uniche “gite fuori porta” siano state a Padova, prima per il trapianto, poi per le visite post trapianto, ricoveri e dimissioni.

Rare, rarissime volte mi sono spostato a più di 30km da casa. Vuoi per la situazione pandemica, zone rosse, zone gialle, zone che non si sapeva nemmeno se si poteva uscire da casa o meno; vuoi che comunque da neotrapiantato e con una esperienza precedente, io fino almeno nove mesi mi sono imposto di non frequentare luoghi pubblici o posti comunque affollati se non per reale necessità.

Ed ecco la proposta della settimana scorsa: mia moglie mi fa “Mirko, ma perché non ce ne andiamo a Venezia un giorno?”.

Io di base non amo molto Venezia, ma era una occasione unica! Uscire dal mio territorio, vedere gente insolita come si vede a Venezia, sapori e aria nuovi.

Così mi prendo un giorno di ferie praticamente al volo (visto che ho arretrati…) e ci infiliamo in macchina: partenza ore 9.00! Potete non credermi, ma avevo un’ansia frammista ad eccitazione che nemmeno un bambino di 10 anni alla sua prima gita non ha!!

Quindi imbocchiamo la strada verso Venezia, neanche trenta km e già il primo intoppo. Vediamo un rallentamento, ma non ci facciamo caso: dobbiamo comunque a fare rifornimento. Finito, cerchiamo di immetterci nella corsia, ma il traffico e la coda era aumentato esponenzialmente. Praticamente una follia vista la nostra propensione pari a zero ormai di trovare traffico e casino in genere!

OK, per farla breve, incidente megagalattico ad un km di distanza, navigatore alla mano e mille deviazioni dopo arriviamo a Venezia dopo 2 ore e mezza ed in pratica, scesi dall’automobile in cima al parcheggio ci siamo immersi subito in questa ambientazione al sapore di frittura mista di pesce.

L’immersione poi continua per ponti e calli, bacari e aperitivi, tra un cicchetto e l’altro sembrava davvero di essere tornati a 2 anni fa, quando tutto sembrava andare bene e se non fosse stato per le mascherine che coprivano le facce dei turisti e dei pochi residenti, avrei detto migliore.

Migliore perché finalmente le piazze e i monumenti e i ponti e tutto quello che c’è da vedere era di nuovo visibile, senza la folla, senza la calca che ti spintona e che non ti lascia fare una foto senza includere per forza 10 turisti in pose improponibili.

L’aria era buona nei momenti in cui c’era da togliersi la mascherina, dire che ho fatto dei tuffi nel passato, di trenta anni prima quando da piccolo mi recavo a Venezia e ammiravo la città e i suoi odori, è poco. Allora i canali erano pressochè puliti e la città ancora vivibile. Proprio come il mio giorno di ferie, il primo dopo tanto.

Non è stata una lunga giornata purtroppo, il meteo era peggio che peggio e siam dovuti fuggire rosicando all’orologio solo mezz’ora per vedere ancora qualche angolo. Montati in auto e fatti i primi km, già all’orizzonte c’erano minacciose nubi che ci aspettavano per il ritorno.
Pioggia battente e una grandine per poco evitata è stato il leit motif del rientro, mille pensieri e voglia di tornare alla normalità, anche se realmente, una vera normalità non la rivivremo forse più e diciamocela, una normalità che io stesso negli ultimi 26 anni non ho mai vissuto.
Tutto questo preoccuparsi, temere un virus, la paura di morire o di passare brutti momenti in ospedale, sembra solo una brutta copia della vita che ho vissuto fino ad ora, fin da piccolo tutto sommato. La vita di un malato, di uno che non ha vissuto poi tanti momenti di normalità per dire “ecco, questo è normale”, io non so cosa sia rispetto alla vita di una persona appunto “normale”, però ci provo, mi metto nei loro panni e la mia ricerca mi porta a non pensare troppo ai miei problemi, ai miei pensieri tante volte non proprio positivi. Come sarebbe bello se qualcuno cercasse di immedesimarsi nella mia vita, come sarebbe più semplice il mondo se ognuno cercasse di venire incontro all’altro cercando dei punti di incontro, anche solo delle immedesimazioni.

E’ come se io a Venezia avessi scelto di chiedere come aperitivo solo Negroni, ma lì va lo Spritz Aperol, che razza di domanda fai? Ma cerca di venirmi incontro dunque, io non sono di Venezia e sono abituato così, magari lo spritz invece che Aperol me lo fai Martini, così c’è la via di mezzo, no?

Ci sono un sacco di errori di ripetizione in questo scritto. Semplice, che ci siano, dopotutto. Un sacco di errori, sempre e comunque. Ma tutto è partito da una giornata di ferie, ma c’era comunque troppa folla, troppo maltempo e alla fine, anche troppa follia!

Classico esempio di gatto veneziano. Quel tipo di animale a cui ambisco di essere….
La semplicità disarmante di un bacaro veneziano