Da qualche settimana ho cominciato un ciclo di videoconferenze in diretta streaming con la mia AIDO Provinciale. Sono tutte storie estremamente positive. Ma c’è sempre il rovescio della medaglia.

Raccontarmi e far raccontare è da molti anni il mio personale modo per far parlare di dono e donazione. Molte volte, le più, sono storie di estrema positività, anche quando la situazione è davvero drammatica e arriva un trapianto a risolverla. Questo ciclo di video conferenze che potrete ascoltare in differita sul mio canale AIDO BELLUNO, appunto contiene storie di semplice e disarmante forza.

Ed è così che molte volte noi di AIDO raccontiamo noi stessi, soprattutto se siamo testimoni diretti, trapiantati, gente con un certo vissuto. Gente che ce l’ha fatta, tutto sommato. O dializzati, che nonostante la macchina, vituperata quanto amata per la sua sommaria funzione, nascondono sotto una dura e grigia patina di rabbia e risentimento, una grande voglia di vivere la vita che rimane oltre le ore di trattamento dialitico.

Ma, non tutte le storie sono a lieto fine. E a volte non vengono raccontate, vengono davvero nascoste dal lutto, dal dolore profondo che la persona che non ha potuto arrivare al trapianto, se ne è andata lasciando dolore profondo nell’anima di chi lo amava.

Ed è capitato, sono stato contattato da una persona che mi ha ringraziato per le storie che racconto e che faccio raccontare, perché lei un caro lo aveva che era in attesa di un trapianto cardiaco. E mi ha raccontato di quanto sia stato terribile l’esperienza di aspettare ricevere un organo, questa lancetta dell’orologio che corre contro tempo. Della speranza fino all’ultimo, del pensiero “dai ora arriva, ora si sistema tutto e torneremo a vivere tutti insieme”. Nelle ore il pensiero “faremo ciò che non avevamo mai fatto”. Ma il trapianto non arriva e non c’è stato nessun lieto fine, per i genitori, per la moglie, per la figlia di 3 anni appena che non potrà godere del papà.

E cosa succede? Questa persona muore e riesce addirittura a donare una piccola parte di sé, le cornee sono state donate, una persona tornerà a vedere. Una magra consolazione per una famiglia distrutta, ma un piccolo appiglio per restare a galla, per restare positivi e vivere nonostante questa perdita. E anzi, questa piccola figlia ora è più grande e la storia del papà ora la conosce e agli amici di scuola dice di essere orgogliosa del papà perché ha donato gli occhi a qualcuno altro. Gli altri bambini ovviamente non capiscono, ma lei ha capito di più di molti adulti che non hanno capito che una semplice firma può fare una differenza enorme.

Le liste di trapianto per cuore, fegato, polmoni sono lunghe, lunghissime. E la compatibilità non sempre c’è. Quando ho sentito questa storia mi sono sentito una merda, mi sono sentito così impotente, così inutile. Mi sono chiesto se per caso, non avessi fatto abbastanza per parlarne, se davvero mi fossi speso per far capire quanto sia importante questo messaggio. Avrei potuto salvare una vita raccontando una volta di più di quanto sia importante una firma?

Se ogni uno di noi si fermasse a pensare un pò più in là del proprio naso, se ci mettessimo davvero nella condizione di dire “e se servisse a me”? Se la smettessimo di pensare di essere invincibili ed immortali come i social e la televisione ci fanno pensare di essere? Se invece di vivere attraverso le foto della modella figa di turno o del buzzurro discotecaro lampadato che calcia un pallone e magari manco fa gol, ci immergessimo in qualcosa di più reale, come una persona che aspetta solo una telefonata per sperare di vivere, semplicemente vivere?

Io non credo alle statistiche, non credo ai numeri. Credo alle cose reali e tangibili. Quando mi dicono che il 30 per cento di persone sì è opposta incondizionatamente alla donazione di un organo, mi vengono in mente solo persone che sono rimasti al loro posto ad aspettare che arrivasse una chiamata, magari per togliersi dalla dialisi, o magari per poter sperare di vivere altri anni ancora, vedere la propria figlia imparare a far di conto, a ballare, ad avere il primo fidanzatino, la maturità e chissà un giorno, essere un orgoglioso nonno.

Ed invece, questo, rimarrà solo un sogno sepolto in un cimitero.

( …invece di stare lì impalato come un tonno lesso, scarica il modulo per l’adesione ad AIDO, stampalo, donalo a chi vuoi. magari anche a te stesso, compilandolo, firmandolo e consegnandolo alla AIDO più vicina a te, o spedendolo per posta ad AIDO stessa)