Perché è importante e forse addirittura necessario parlare di prevenzione? Credo per due ordini di motivi. Uno strettamente sanitario, ed uno di ordine sociale ed economico. La lettera che mi scrisse un caro amico scomparso, una riflessione per tutti, rivolta sopratutto a chi è “fuori” dal contesto sanitario dei malati cronici.

prevenzione


Alla base delle principali culture che hanno segnato l’evoluzione e la storia dell’uomo, in varie parti del pianeta, si ritrovano radici comuni, che fondano le pratiche mediche su principi di equilibrio e rispetto del proprio corpo, inteso come un unicum, da tutelare e preservare nella sua naturale e primigenia integrità.
La medicina occidentale, nata in Grecia almeno sette secoli prima dell’era cristiana, postulava allora come principi imprescindibili per la conservazione della sanità di corpo ed anima, l’attenzione all’alimentazione, la costante cura igienica del corpo e la pratica regolare di attività fisica.

Come diceva Galeno “ricordati che il miglior medico è la natura: guarisce i due terzi delle malattie e non parla male dei colleghi.”

Queste non sono altro che le basi, oggi riscoperte e proposte come novità, della prevenzione delle malattie del primo mondo, diabete e malattie metaboliche, cardiopatie, obesità, tabagismo, abuso di alcool.
La semplice ovvietà di questi precetti, si scontra con il senso di onnipotenza che ci deriva dalle sempre nuove frontiere della diagnostica, della medicina interventistica, dei nuovi farmaci.

Tutto ciò sembra marginalizzare i problemi di salute, anche i più gravi ed estremi, offrendo soluzioni e delle vie per eludere anche gli esiti più infausti. Diventa quindi più facile e “comodo” pensare di affidarsi ad essi, piuttosto che ad un percorso diverso, che preveda un investimento personale e quotidiano.

Già Ippocrate, del resto, ammoniva “prima di guarire qualcuno, chiedigli se è disposto a rinunciare alle cose che lo hanno fatto ammalare.”

Le persone come, e come Mirko, che per lunghissima parte della propria vita si sono, e devono ancora, confrontarsi con una malattia, vi possono dire che un singolo, enorme gesto -la donazione e l’operazione di trapianto- salvano e redimono una vita; ma che poi sono i minuti, costanti atti quotidiani, all’apparenza insignificanti, che permettono di viverla a lungo, pienamente, e preservando il grande dono ricevuto.

Qui poi si innesta il secondo motivo di riflessione. Tutto ha un costo, e quanto viene giustamente esaltato e propagandato come una evoluzione positiva, non ultimo l’allungamento medio della vita, ed il netto miglioramento della prognosi di vita di pazienti affetti da malattie che solo pochi anni fa come incurabili, provoca una lievitazione dei costi della sanità pubblica.

L’Italia, con la riforma del sistema sanitario del 1978, pensato e voluto fra gli altri da Tina Anselmi, ha avuto per decenni il sistema sanitario migliore d’Europa. Purtroppo l’idea stessa di welfare è messa in discussione, non per ragioni di efficienza o perché si prospettino sistemi migliori, ma per un mero problema di sostenibilità economica.
Puntare tutto sulla iperspecializzazione delle cure e della diagnostica, toglie risorse, inevitabilmente, alle cure di base, all’assistenza e alla prevenzione. Che dovrebbe essere invece il punto focale di una politica sanitaria lungimirante. Bisogna farsi custodi del proprio benessere, e puntare a prevenire e mantenere la salute, prima di essere costretti a curarne le evoluzioni patologiche.”

Di Marco Menegus, deceduto nel 2019 a causa della Fibrosi Cistica. Forte alpinista, attaccato alla vita come non mai.